Ponza

Giobbax a Monaco

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Se ad ogni stagione della nostra vita potessimo attribuire un nome questa, per me sarebbe quella dei viaggi; chi me ne avesse chiesto conto intorno a metà aprile si sarebbe sentito rispondere che lo è  – dopo anni passati fra le braccia materne della nostra penisola – a causa dei tre espatri da me programmati fino a settembre: Germania – Monaco di Baviera ( 27-29/04) – Spagna – Barcellona (26-31/05) - Inghilterra (24/07-bo...) - I secondi due faranno parlare di se a tempo debito, il primo invece è già Storia ed una storia che si rispetti merita sempre di essere raccontata:

Per il mio primo vero excursus estero – se si esclude una fugace capatina a Chiasso di qualche anno fa – ho avuto come compagni i fidi Giulio e Renzo; organizzata come un blitz la nostra spedizione bavarese ha preso il via alle 14.38 del 27 aprile dalla stazione di Anzio, dell’ora e dieci di viaggio che ci ha condotto a Roma Termini ricordo soprattutto le elucubrazioni dotte di un gruppo di best…ehm ragazzi che ha condiviso con noi la prima parte del tragitto fra sbuffi di fumo ed espressioni boccaccesche per la serie: ma di fronte a queste cose bisogna ridere o piangere? Roma, un breve giro in stazione ha fatto da intermezzo al nostro imbarco sull’ETR 500 destinazione Bologna, biglietto di prima classe acquistato a soli 29 euro per una sorta di miracolo al contrario by Trenitalia. La prima cosa che noto sedendomi è che i sedili sono sprovvisti –in barba alla tanto abusata pubblicità fatta – di prese elettriche, niente energia dunque, ma radio centralizzata ascoltabile in cuffia direttamente dal bracciolo…meglio di niente. Ore 19.00 Circa: Bologna, gitarella in città e pit-stop al Mac in attesa del treno per Monaco; nessun problema di sorta, solo una breve fermata a Verona per consentire “l’allungamento” del treno e poi via in cuccetta almeno sino al confine austriaco. A questo punto vale la pena di raccontare un primo episodio: da buoni italiani fra Verona e Trento ci siamo attardati nel raggiungere i posti letto assegnatici, poi un solerte controllore nostrano ci ha invitato a guadagnarci le lenzuola e siamo stati catapultati con circa un ora di ritardo nella parte “Deutsche” del convoglio, il cambio di gestione è stato un tantino brusco, tralasciando l’innegabile mutazione estetica delle carrozze che attraversavamo, a colpirmi è stato il modo di fare del personale di bordo teutonico, capace di trattarci in un modo che permette un solo un tipo di definizione: Nazista, siamo stati aspramente rimproverati - in un italiano da Sturmtruppen - per il ritardo dopodichè un energumeno nibelungico ci ha “deportato” alle cuccette intimandoci in malo modo di “Spegnere luce e tormire” cosa che abbiamo tentato di fare, schiumanti di caldo fino alle 4.30 circa, ora in cui – io e Giulio – ci siamo affacciati fuori alla ricerca di un po’ di fresco ricevendo come risposta Innsbruck. Mi sono affacciato nella notte austriaca mentre il vento freddo mi sferzava la faccia e ho visto il treno lasciare la banchina della città tirolese per tuffarsi in un paesaggio da fiaba nordica, fra impenetrabili foreste, fiumi bianchi di luna e monti soffici di neve appena sciolta, il sonno è svanito divenendo meraviglia, la meraviglia s’è cristallizzata in sbigottimento quando il primo sole ha tinto di rosa tenue ogni cosa scoprendo il verde smeraldino di prati che fino a quel momento avevo solo osato immaginare, tra alberi screziati di nebbia e laghi luccicanti di tranquillità fino a Monaco. Una bellezza davvero senza tempo, difficile da descrivere a pieno, cui solo l’incedere di un treno può davvero rendere giustizia.

Giunti nella capitale Bavarese alle 6.30 del mattino, abbiamo lasciato la stazione per incamminarci a piedi verso il centro; strade larghissime (almeno da 4 corsie) antichi palazzi in stile tipico ed una miriade di chiese dai tratti assai elaborati ci hanno condotto prima in Karlsplatz poi attraverso un arco medievale in Marienplatz il vero cuore di Monaco con i due imponenti municipi (vecchio e nuovo – nuovo si fa per dire – perché ad occhio e croce pare almeno settecentesco) la cattedrale e le svettanti torri che la delimitano; un vero e proprio pieno di stile germanico e tradizione, da notare che in un orario di solito caratterizzato alle nostre latitudini dal casino più assoluto, non abbiamo praticamente visto un’anima se si esclude qualche operaio comunale peraltro parecchio cortese, alle 9.00 circa avevamo visitato tutto il centro storico, apprezzato la capillarità della metro, fatto colazione con una meravigliosa torta al cioccolato bavarese e stilato il nostro prossimo itinerario…di tedeschi? Solo qualche avanguardia baldanzosamente diretta al lavoro in un silenzio quasi sconcertante (tutti sembravano marciare  più che camminare donne o meglio valchirie – tutte assai belle e strutturate – comprese). Tra una cosa è l’altra alle 10.30 eravamo sotto la metro S (ci sono due linee S e U con diversi rami)  in attesa del trenino per Dachau ( che si pronuncia tipo Tacò) fra attesa (circa 40 minuti) e viaggio (30km in 15 minuti…altro che Roma-Nettuno) alle 11.30 eravamo sull’autobus per il campo della memoria (ovvero l’ex Konzentration lager) della cittadina ove abbiamo fatto ingresso a piedi attraverso un sentiero delimitato da filo spinato elettrificato già da solo in grado di incutere timore. Nel rettangolo del complesso, caratterizzato da costruzione rigorosamente intonacate di bianco con i tetti scuri e delimitato da torrette come quelle che molti di noi hanno visto solo sui libri; una grossa iscrizione monumentale dice in Inglese, tedesco ed Ebraico “Mai più” ed in effetti ciò che abbiamo visto, a distanza di anni, non ammette repliche: Quello che stupisce, di questo campo non è il rincorrersi macabro di filmati d’epoca che testimoniano l’eccidio dei prigionieri ebrei, ne la cruda realtà di uniformi, sanitari e suppellettili  abbandonate al proprio doloroso racconto, ma la concezione industriale dell’intero agglomerato, l’idea di fredda sistematicità che si nasconde dietro ad ogni pietra: entrando a Dachau non si ha l’impressione di entrare in una prigione, si ha la sensazione netta di essere in una normalissima, aberrante fabbrica di morte, niente più di tutto ciò lascia senza parole. Terminata la visita, dopo un breve divertente incrocio con dei compatrioti sezzesi in loco – Renzo ci ha quasi rimesso una spalla -  siamo tornati in città, abbiamo cambiato la metro fino a Marienplatz dove s’è pranzato con Salsiccia bianca, puré , crauti  e mezzo litro di Paulaner non fermentata  per poi fare una lunga siesta in un bellissimo parco a qualche minuto di cammino. Alle 17 circa eravamo sulla metro U diretti al centro Olimpico, bellissimo parco a poche fermate dal centro dove oltre ad un bellissimo lago artificiale ed a tanto verde, ci sono piscina, palazzetto dello sport, Olimpyastadion (si proprio quello dove gioca il Bayern) e tutta una serie di Birrerie all’aperto dove evidentemente i Crucchi amano tirarsi i boccali perché si pagano 2 euro di cauzione per essi. A rendere ancora migliore questo posto è l’uso spensierato ed abituale che ne fanno i cittadini di Monaco, roba da sogno per noi poveri italiani stressati e stressomani. Per i fissati dell’auto vicino, aperto fino alle 20 e gratis c’è il museo della BMW, non male davvero, come molto scenografica, con tanto di ristorante sulla sommità è la torre futuristica della Telecom, dopo tanta goduria per la mente siamo tornati, con un convoglio metro d’avanguardia, carico di tedescotte ammiccanti,  verso la stazione centrale, dove abbiamo cenato, sfruttato un internet cafè e atteso un tizio da cui Renzo aveva acquistato i paraurti della sua amata MINI. Da rimarcare che nei pressi dello scalo c’è uno Sportbar pieno di cimeli autentici come la maglia di Matthaus, lo Scudo della Bundesliga di non so che anno e due coppe del Mondo oltre ad un interminabile teoria di oggetti appartenuti a Mohamed Alì (amicone del proprietario a quanto pare). Ore 23.40 ripartiti per l’Italia con un treno notturno che ha raggiunto Venezia alle 7 del mattino successivo permettendoci di dare un occhiatina – fino alle 10.32 orario di partenza del nostro ES per Roma – anche alla città del Doge…sempre bellissima. Per farla breve alle 17 circa del pomeriggio ero a casetta mia con qualche ricordo in più e tanta, tanta voglia di partire ancora, alla prossima: A Barcellona

 

by Giobbax