La Storia di Ponza
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Neolitico - La presenza dell'uomo preistorico nell'Arcipelago Ponziano è testimoniata da residui della lavorazione dell'ossidiana ritrovati agli inizi del XX secolo. Le isole, grazie all'abbondante presenza di questo scuro vetro vulcanico, facevano parte di una primordiale rete di scambi commerciali chiamata "antica via dell'ossidiana". In particolar modo, il minerale estratto dall'isola di Palmarola fu negoziato principalmente verso il litorale laziale e campano, giungendo anche presso le coste settentrionali del mar Adriatico e Ligure. L'arcipelago fu oggetto di sbarco da parte delle popolazioni che abitavano l'adiacente promontorio del Circeo che diventarono, così, custodi di una materia prima dall'immenso valore mercantile. In quel periodo, infatti, questa pietra vetrosa rappresentava una sorta di "oro nero" che era utilizzata per la realizzazione di utensili di vario genere, sia per uso quotidiano sia per impiego bellico. Il successo fu dovuto, soprattutto, alla sua migliore adattabilità rispetto ad altri minerali perché, una volta colpita, consentiva la realizzazione di manufatti dai bordi affilatissimi. Solo con l'avvento dell'età del Bronzo e dei metalli, nel II Millennio a.C. circa, terminerà progressivamente questa egemonia commerciale.
Dal 1100 a.C. circa al 313 a.C. - Per ciò che concerne il periodo pre-romano, le testimonianze storico-archeologiche a disposizione sono molto limitate. Le isole Ponziane furono utilizzate quasi certamente dai Fenici come basi intermedie per i loro viaggi nel Tirreno o come rifugio dalle tempeste. Forse in seguito, secondo talune ipotesi, l'arcipelago fu frequentato anche dalle popolazioni centro-italiche e dagli Etruschi. I Greci, che verosimilmente diedero all'isola di Ponza il nome Eea (come testimonierebbero, secondo molti studiosi, alcuni brani dell'Odissea di Omero), ne fecero punto d'appoggio per la loro espansione economico-politico-culturale nel Tirreno centrale e nel resto del Mediterraneo intorno all'VIII - VII secolo a.C. circa. I Romani frequentarono quasi certamente le isole per fini militari già durante il VI secolo, a seguito del primo trattato Romano-Cartaginese (509 a.C.). In quello scritto compare, fra i possedimenti dei Romani, la città di Anzio ed è, quindi, plausibile che le truppe dell'Urbe usassero le isole come avamposto avanzato. Solo nel IV secolo a.C. le fonti storiche ci dicono che le Isole entrano a far parte del dominio dei Volsci, dopo aver conquistato buona parte del Basso Lazio. Presumibilmente, nello stesso periodo, l'isola prenderà il nome di Pontia, come più volte citato dallo scrittore e storico romano Tito Livio. Questa denominazione deriverebbe, secondo alcune versioni, dalla traduzione in latino del termine greco Pontos (terra del mare) ma, secondo uno studio recente, proverrebbe dalla traslitterazione in volsco-peligno e poi in latino del termine greco Pénte - Nèsoi (cinque - isole), riferendosi al numero d'isole che componevano l'arcipelago. Ancor più attuale è, invece, l'ipotesi che il termine Pontia derivi dal legame che gli antichi frequentatori dell'isola (presumibilmente di origine greca) avevano in particolare con il culto della dea Aphrodite Pontia, protettrice della navigazione e dei marinai. La tesi sarebbe avvalorata anche da un altro appellativo dato alla dea (Aphrodite Pandamos) che ricorda l'antico nome con cui è citata l'isola di Ventotene (Pandataria).
313 a.C. – In questo periodo l'isola di Ponza passa sotto il dominio Romano dopo una lunga guerra con i vicini Volsci, culminata nella vittoriosa battaglia navale di Anzio del 338 a.C., ed entra a far parte di un sistema militare costiero che sarà utilizzato, in seguito, nella guerra contro i Sanniti. L'isola sarà dichiarata, dopo alcuni decenni, Colonia Latina e rimarrà una delle più importanti alleate di Roma nel corso della seconda Guerra Punica. Anche durante i giorni della spedizione del generale cartaginese Annibale Barca sul suolo italico, nel 209 a.C., la colonia ponzese rimarrà fedele (insieme con altri diciotto insediamenti) alla Repubblica Romana. Questa lealtà renderà possibile, per la comunità di origine volsca, il conseguimento dell'ambita Cittadinanza Romana.
Età Imperiale – Entrata a far parte del dominio romano, l'isola di Ponza vivrà un lungo periodo di splendore, grazie alla relativa tranquillità garantita dalla potente flotta militare e dallo sviluppo dei traffici marittimi. Con l'avvento dell'imperatore Ottaviano Augusto queste terre divengono luogo di confino a seguito dell'emanazione della Lex Iulia de pudicitia nel 18 a.C., nel tentativo di arginare la crescente immoralità nel mondo romano, ma che servì soprattutto per eliminare i parenti scomodi del sovrano e gli oppositori politici. Fra i molti condannati dell'epoca troviamo Giulia, unica figlia dell'imperatore Augusto, ma anche Nerone Cesare e Agrippina maggiore, rispettivamente fratello e madre del futuro imperatore Caio Giulio, detto Caligola. Durante la dominazione romana l'alto tenore di vita che era presente nei personaggi di rango imperiale fu trasferita a Ponza con la costruzione di sontuose opere architettoniche quali ville, acquedotti, peschiere, cisterne, tunnel, strade e forse anche una diga che diedero una importante organizzazione urbanistica all'isola. Fra i monumenti ancora visibili, meritano una citazione il complesso di piscine denominato Grotte di Pilato, le cisterne realizzate in roccia distribuite intorno all'attuale porto borbonico, l'acquedotto Cala dell'Acqua – Santa Maria, il tunnel di Chiaia di Luna, le necropoli dei Guarini e del Bagno Vecchio e la diga di Giancos. Il robusto sviluppo dei traffici con la capitale dell'Impero generò un forte incremento della popolazione isolana che arrivò a contare, secondo alcune stime, più di 11000 abitanti. Ponza, inoltre, fu con molta probabilità punto d'approdo temporaneo della flotta imperiale dislocata nel Basso Tirreno e un importante scalo per l'approvvigionamento di acqua dolce, presente in buone quantità sull'isola. Dal I secolo d.C., con il crescente diffondersi del Cristianesimo, l'isola di Ponza e il resto dell'arcipelago passano dall'essere un luogo di confino per personaggi di alto rango a terra d'esilio e di relegazione forzata per decine di persone accusate di Eresia o di Ateismo e che, per la loro Fede, troveranno il Martirio e la Santificazione. Fra questi, nel 95 d.C., ci fu Flavia Domitilla, parente dell'Imperatore Domiziano, che morì dopo un lungo martirio. Stessa sorte toccò, fra gli altri, a S. Achilleo e Nereo, Eutico, Teodora ed Eufrosina. Questi avvenimenti segnano la fine del periodo di splendore per Ponza e l'intero arcipelago. Col passare del tempo le persecuzioni contro i primi cristiani aumentarono e le isole assursero sempre più a luogo di esilio per i nuovi adepti. Da ciò, alcuni storici, hanno interpretato il nome di Isole Palmarie come un collegamento al simbolo stesso del martirio, rappresentato dalla palma. Secondo altri, invece, il nome derivò dalla presenza di un particolare tipo di palma, abbondante su queste isole. Durante il III secolo si diffuse il culto del Dio Mitra a seguito dei contatti commerciali con le altre comunità dell'Impero, come testimoniato da vari reperti ancora presenti sull'isola di Ponza, seppur fortemente rimaneggiati. Nel IV secolo d.C. sull'isola di Ponza avvenne, secondo la tradizione popolare, il martirio di Candida (perseguitata in realtà presso Cartagine) il cui corpo fu ritrovato, dopo essere stato gettato in mare, sulle spiagge dell'isola di Ventotene. Da allora la martire è venerata come Santa Protettrice. Solo con l'avvento dell'imperatore Costantino le persecuzioni religiose verso i primi cristiani diminuirono, a seguito dell'Editto di Milano nel IV secolo d. C.
Fine dell’Impero e Medioevo - Alcune fonti storiche attesterebbero nel 503 d. C. (secondo alcuni studiosi), lo svolgimento di un Concilio a Ponza. Con la caduta dell'Impero Romano e le successive invasioni dei popoli barbari, anche l'arcipelago non è sottratto al caos che domina in quel periodo ed entra nell'orbita politica dell'Impero Bizantino intorno al 535/536 d. C. E' di quegli anni il martirio di Silverio che, divenuto Papa nel 536 d.C., fu spodestato dall'imperatrice d'Oriente Teodora con la falsa accusa di aver consegnato Roma ai Goti e lasciando, così, campo libero alla successione sul soglio di Pietro al più accomodante Vigilio. Dopo un periodo di esilio, Silverio troverà la morte nel 537 sull'isola di Palmarola (forse Ponza) per stenti o più probabilmente per mano di un sicario. Considerato inizialmente come Anti-Papa, la sua figura sarà riabilitata solo molti secoli dopo. Nello stesso periodo del martirio di Silverio, presumibilmente, avviene la costruzione di un monastero benedettino in località S. Maria in Ponza, ponendosi verosimilmente fra i ruderi di quella che era una delle sontuose ville di epoca imperiale. Ciò testimonia l'importanza dell'isola come centro religioso nonostante l'instabile situazione politica italica, soprattutto a seguito dell'invasione Longobarda che incoraggerà l'arrivo sull'isola di chi cercherà di sottrarsi alle devastazioni causate dall'invasione del popolo germanico. L'opera dei frati, però, è fortemente vanificata dalla prima incursione saracena databile nell'813 d.C. in cui circa quaranta navi saccheggiano e rendono schiavi i monaci e gli abitanti presenti sull'isola. Ponza diviene, così, base temporanea di rapide flottiglie islamiche che hanno lo scopo principale di compiere incursioni ripetute verso la costa laziale adiacente, nel tentativo di controllare i commerci presenti nella zona e di preparare il terreno a future conquiste. La presenza di cale protette e di buone quantità d'acqua dolce rendeva questi lembi di terra delle formidabili postazioni avanzate per i pirati. Le scorrerie, con alterne vicende, durarono a lungo soprattutto a causa delle divisioni e dei particolarismi dei vari feudi presenti fra il Basso Lazio e la Campania che non consentirono un'efficace azione anti saracena. Nell'846 Ponza fu di nuovo presa di mira dagli equipaggi musulmani che vi stabilirono un piccolo presidio militare. L'intervento di una lega formata da navi napoletane, amalfitane e gaetane riuscì, poco dopo, a scacciare il contingente dall'isola. L'operazione non impedì, però, lo sbarco a Ostia da parte dei saraceni e il conseguente saccheggio dei quartieri periferici di Roma. Un importante risultato nello scontro anti arabo si ebbe nell'877. Papa Giovanni VIII distrusse buona parte della flotta moresca in una battaglia navale fra Ponza e il Promontorio del Circeo ma, non riuscì a eliminare definitivamente il pericolo di nuove scorrerie. L'unione al patrimonio di S. Pietro avverrà solo nel 928 d.C., delegandone la difesa alla flotta del Ducato di Gaeta. L'annessione fu garantita a seguito di una lunga e sanguinosa guerra che consentì la distruzione di un consistente insediamento arabo stanziato nei pressi del fiume Garigliano, nel 916 d. C. I secoli a cavallo fra I° e II° Millennio furono caratterizzati da un periodo di relativa stabilità, grazie soprattutto alla cacciata degli Arabi dalla Sicilia da parte dei Normanni, che consentì un migliore controllo del Tirreno meridionale. Al 1063 risale la donazione fatta dalla duchessa Maria (di Gaeta) al monastero di S. Teodoro e Martino di tutta l'isola di Ponza. Ciò favorì una lenta ripresa delle installazioni monastiche isolane e dei relativi commerci. Dal XIII secolo d.C. in poi i monaci cistercensi e gli eremiti riusciranno, grazie soprattutto all'intervento iniziale di Innocenzo III, ad accrescere l'importanza dell'insediamento ponzese che passerà sotto la giurisdizione dell'abbazia di Fossanova. A quel periodo risalgono l'erezione di una nuova struttura monastica in S. Maria di Ponza (e forse di un'altra in località Punta d'Incenso) e la fondazione di un cenobio cistercense sull'isola di Zannone che, però, sarà abbandonata sul finire del secolo a causa di nuove e continue scorrerie piratesche. Il valore strategico di Ponza e delle altre isole è testimoniato dal numero crescente di scontri navali che, dal XIV secolo, avvengono in questo punto del Mar Tirreno. E' del 14 giugno 1300, durante la guerra del Vespro, la battaglia che vede la flotta angioino-aragonese comandata da Ruggiero di Lauria sconfiggere la flotta siciliana di Corrado Doria al soldo di Federico II di Sicilia. Nel 1435, poi, è la volta del genovese Biagio Assereto, angioino, che riesce a sconfiggere in una battaglia navale nelle acque di Ponza Alfonso d'Aragona. Il sovrano spagnolo riuscirà in seguito (1454) a occupare l'isola per un breve periodo, provocando la cacciata dei monaci cistercensi e mostrando, ancora una volta, l'importanza militare dell'arcipelago nonostante il quasi completo spopolamento. Nel 1477 Sisto IV, nel tentativo di ripopolare l'arcipelago, dà in enfiteusi le isole Pontine al duca Ariano Alberico Carafa e ai conti Antonio Petrucci di Policastro e Aniello Arcamone di Bonelli. Due anni dopo lo stesso Papa accordò vantaggi a chi avesse abitato le isole ma, i nobili napoletani, cedettero i loro diritti nel 1484.
Dai Farnese ai Borbone - Nel 1542 Papa Paolo III (Farnese) concede in feudo l'Arcipelago Ponziano a Pier Luigi Farnese (Ducato di Parma) confermando i privilegi concessi già da Sisto IV (che saranno conosciuti da allora come Privilegi Farnesiani). Le isole furono cedute con l'obbligo di ripopolarle e soprattutto di difenderle dai continui attacchi dei corsari ottenendo, però, degli scarsi risultati. Questi lembi di terra, purtroppo, saranno ancora colpiti da scorrerie nel corso dei secoli XVI e XVII e subiranno altri attacchi da parte dei temibili corsari berberi Khayr-ad-Dìn (più noto come il Barbarossa) e Dragùt che provocheranno persino la distruzione delle fortificazioni e della torre del porto. Dopo anni di fragile occupazione e di dispute sulla loro appartenenza fra il Regno di Napoli, la Chiesa e il Ducato di Parma, sono riconosciute come dominio dei Farnese per continuata successione con il trattato di Rijswijk del 1697. Con la morte dell'ultimo erede maschio del casato parmense le Isole Ponziane, nel 1734, sono cedute a Carlo III di Borbone re di Napoli, figlio primogenito di Elisabetta Farnese e del re di Spagna Filippo V, facendole diventare beni privati della Corona. Il 30 ottobre dello stesso anno Carlo III accorda vantaggi a ventotto famiglie di coloni ischitani perché risiedano sull'isola di Ponza. Questa importante decisione rappresenta il primo passo concreto del piano di ripopolamento attuato dal regno partenopeo. Le ragioni che portarono a questo fondamentale provvedimento furono molteplici. Innanzitutto i regnanti di Napoli cercarono di rendere più sicure le acque del Tirreno dagli attacchi dei corsari. Inoltre, furono scelte le comunità campane poiché avevano una buona conoscenza dei luoghi a causa delle precedenti frequentazioni dovute all'attività di pesca, principalmente corallo e aragoste. Non di meno è importante considerare la volontà di sottrarre in maniera definitiva l'Arcipelago Ponziano dall'orbita politica dello Stato della Chiesa. Infine, si cercò di rendere produttive le isole al fine di ottenere un gettito aggiuntivo per le casse reali.
Settecento e Ottocento - Nel 1757 un gruppo di navi napoletane, maltesi e pontificie, a largo dell'isola di Palmarola, riuscì a sconfiggere una flotta turca ben più numerosa, riuscendo a ridimensionare notevolmente le secolari scorribande corsare. Nel 1759 Carlo III assume la corona di Spagna e cede il trono di Napoli al figlio Ferdinando IV che, con il supporto di validi ministri come Bernardo Tanucci, continua l'opera di ripopolamento voluta dal padre. Il primo gruppo di coloni è formato da circa cinquanta famiglie ischitane cui sono assegnati in enfiteusi perpetua pezzi di terra da coltivare e abitazioni nella zona meridionale dell'isola. Dal 1771 al 1793 si realizzano imponenti lavori pubblici condotti e supervisionati dal Maggiore del Genio Civile Antonio Winspeare e dal giovane architetto Francesco Carpi (allievo di Luigi Vanvitelli) che portano alla nascita della forma attuale del porto di Ponza e della vicina torre fortificata. E' del 1772 sia l'arrivo a Ponza dei primi coloni torresi (circa ventisette famiglie scampate all'eruzione del Vesuvio che s'insedieranno nella frazione nord denominata Le Forna) che la realizzazione della prima strada capace di collegare la zona portuale con i nuovi arrivati. Nell'Agosto dello stesso anno, inoltre, il vescovo di Gaeta, con una solenne celebrazione, proclama Papa Silverio (Santo e Martire) Patrono dell'Isola di Ponza. Gli ultimi decenni del XVIII secolo sono caratterizzati dallo sbarco a Ponza di molti studiosi di scienze naturali, attratti soprattutto dalla particolare conformazione del terreno isolano. Nel 1786 giunse sir William Hamilton, studioso di geologia e ambasciatore inglese a Napoli che, grazie alla diffusione delle sue opere, spinse il più grande geologo del periodo, Deodat de Dolomieu, a compiere nel 1787 un viaggio a Ponza. Successivamente, a seguito della Rivoluzione Francese, i nuovi ideali di giustizia e di libertà iniziano lentamente a diffondersi anche fra piccole minoranze della popolazione isolana ed è del 1799 la morte di Luigi Vernau, figlio del governatore isolano, giustiziato a causa dell'adesione alla neonata Repubblica Partenopea. Gli anni finali del XVIII secolo e i primi del XIX furono contrassegnati da una grave crisi economica e da un periodo di feroce repressione delle emergenti idee liberali da parte della classe dirigente borbonica. L'isola sarà, in seguito, occupata da una guarnigione francese nel 1809 allo scopo di mantenere sotto controllo i territori dell'Italia meridionale passati sotto i domini napoleonici e governati da Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi. Nel 1813, però, Ponza passa, per un breve periodo (circa ventotto mesi), sotto il dominio inglese grazie all'audace intervento dell'ammiraglio Charles Napier (al quale sarà conferito il titolo di Conte di Ponza) prima di ritornare a far parte del restaurato potere borbonico, avvenuto in seguito alla stipulazione del Trattato di Vienna nel luglio 1815. Il governo partenopeo non cambierà alcuni provvedimenti presi nel periodo di occupazione francese (come l'elevamento a Municipio delle due principali isole ponziane) ma instaurerà il domicilio coatto a Ponza anche per i relegati politici. Nella primavera del 1847 giunge sull'isola lo studioso Pasquale Mattej le cui opere, ricche di acquerelli e disegni, costituiscono le prime rappresentazioni del nuovo assetto urbanistico isolano realizzato dai Borbone. Nel 1852 si avrà il primo collegamento regolare fra Ponza e il continente da parte dell'armatore anglo-napoletano Giacomo Close sulla rotta Ponza - Napoli. E', invece, del 1857 la spedizione del patriota Carlo Pisacane che, dopo aver liberato circa trecento ergastolani rinchiusi nelle carceri dell'isola, tenterà una rivoluzione antiborbonica che, però, sarà soffocata nel sangue dopo lo sbarco di Sapri. Nel 1861, a seguito dell'Unificazione, anche Ponza e il resto dell'arcipelago entrano a far parte del neo costituito Regno d'Italia. I primi decenni del periodo Unitario furono caratterizzati da una fase iniziale di grandi difficoltà socio-economiche per la popolazione ponzese. Ciò si risolse grazie alla realizzazione d'importanti opere pubbliche (come i trafori nella zona di Giancos e di S. Maria) e a uno straordinario sviluppo della flotta mercantile.
Dal Novecento ad oggi - Il nuovo secolo si apre, nonostante le premesse, con un importante flusso migratorio d'isolani verso il continente americano, soprattutto verso gli Stati Uniti. L'ormai decennale questione dei collegamenti marittimi che, dagli ultimi decenni del XIX secolo, vede l'alternarsi di varie compagnie marittime attirate dai sovvenzionamenti statali (a fronte dei quali garantiscono un servizio assai scadente) sembra essere risolta nel giugno del 1910 quando una cordata di armatori napoletani fonda la Compagnia Napoletana di Navigazione a Vapore. L'immissione di nuove navi migliorerà sensibilmente lo standard del servizio di collegamento. E' di quegli anni il primo collegamento estivo Ponza - Anzio, a vantaggio delle potenzialità turistiche dell'isola. Il periodo è caratterizzato anche da una buona crescita demografica e dall'espansione dell'edilizia pubblica, con esempi tuttora presenti in stile Liberty. Lo scoppio della Grande Guerra nel 1914, però, farà sprofondare le isole dell'arcipelago in una situazione di grave crisi che perdurerà per tutto il periodo bellico. Nei primi mesi del 1918 avviene l'affondamento, da parte di un sottomarino austriaco, della goletta a vapore "Corriere di Ponza" a largo dell'isola di Zannone, penalizzando ulteriormente la già precaria esistenza degli abitanti isolani. Il successivo periodo fra le due Guerre è contraddistinto da una nuova fase emigratoria di Ponzesi, dalla diffusione del temibile virus della "Spagnola" e dalla nascita della compagnia marittima Span (Società Partenopea Anonima di Navigazione). Quest'ultima garantirà il collegamento con il continente fino al 1975, anno in cui sarà sostituita dalla società Caremar (Campania Regionale Marittima). Con la fine delle ostilità e l'avvento della dittatura Fascista (e della sua politica liberticida) anche l'Arcipelago Ponziano non sarà risparmiato dalle decisioni della nuova classe dirigente. Infatti, è del 1928 l'istituzione a Ponza del confino di massa destinato agli oppositori politici del regime (in cui saranno internati, far gli altri, Amendola, Nenni, Spinelli, Terracini, Pertini) e che sarà trasferito all'isola di Santo Stefano solo nel '39. Nonostante la difficile situazione vissuta dagli isolani, nel 1931 Ponza raggiunge il massimo storico di circa 7000 abitanti censiti. Un evento di rilievo del periodo sarà, nel 1935, l'apertura della miniera S.A.M.I.P. (Società Azionaria Miniere Isole Pontine) per lo sfruttamento della Bentonite in località Le Forna e del caolino/perlite in altre zone dell'isola. Nello stesso periodo l'Arcipelago Ponziano passa dalla Circoscrizione di Terra di Lavoro (Caserta) e quella della neonata Littoria (oggi Latina). Purtroppo l'inizio della Seconda Guerra Mondiale inaugurerà un nuovo e lungo periodo di stenti per tutta la comunità isolana, caratterizzato anche da un continuo flusso di prigionieri a seguito della folle guerra mussoliniana. E' del 24 luglio 1943 l'affondamento del piroscafo S. Lucia, poco fuori il porto dell'isola di Ventotene, a causa di un attacco aereo alleato che provocherà la morte di decine di persone e causerà il totale isolamento di Ponza. Ancora oggi si svolge una solenne cerimonia celebrata il giorno dell'anniversario di questo tragico evento. Solo nel Marzo del '44 s'instaurerà un nuovo servizio di collegamento con il continente, grazie al lavoro di armatori come Totonno Feola. Altri fatti di rilievo del periodo sono: la prigionia di Benito Mussolini in località Santa Maria (prima del trasferimento a La Maddalena) dal 27 luglio al 7 agosto del 1943 e la stesura (1942) nel confino di Ventotene del libro "Manifesto per un'Europa libera e unita" da parte dei tre confinati Spinelli-Rossi-Colorni che, dopo una fase iniziale di diffusione clandestina, sarà ispiratore del trattato di Roma nel 1954 e della successiva nascita della Comunità Economica Europea. Con la fine del conflitto, Ponza sarà ancora una volta generatrice di un importante flusso migratorio. Gli avvenimenti di rilievo per la comunità isolana saranno, inoltre, la cessazione della colonia di confino nel 1946, la chiusura della miniera S.A.M.I.P. nel 1975 dopo una forte mobilitazione cittadina e l'assorbimento dell'isola di Zannone nel Parco Nazionale del Circeo (1979). Il Dopo-guerra è caratterizzato, infine, da uno sviluppo economico dovuto inizialmente allo sfruttamento delle risorse ittiche, agricole e minerarie e, dagli anni '60 – '70, dalla crescita sempre più impetuosa e incontrollata del turismo. Nonostante eccessi e disagi purtroppo ancora presenti, la nuova economia isolana riesce a garantire un limitato isolamento e un diffuso benessere a buona parte della comunità.
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